Riciclaggio, la Svizzera non è più sulla blacklist dell’Ue
L’elenco di Stati terzi che non hanno – secondo Bruxelles – una legislazione sufficientemente severa in materia è stato presentato oggi a Strasburgo.
La Svizzera non figura sulla nuova lista dell’Unione europea in cui sono elencati gli Stati terzi che secondo Bruxelles non hanno una legislazione sufficientemente severa in materia di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo. L’elenco è stato presentato oggi a Strasburgo dalla commissaria europea per la giustizia Vera Jourova.
In esso sono enumerati 23 paesi: Afghanistan, Arabia saudita, Bahamas, Botswana, Corea del Nord, Etiopia, Ghana, Guam, Iran, Iraq, Libia, Nigeria, Pakistan, Panama, Porto Rico, Samoa, Samoa americane, Sri Lanka, Siria, Trinitad e Tobago, Tunisia, Isole Vergini americane e Yemen. “Esorto questi Stati a rimediare al più presto”, ha dichiarato la commissaria europea in una conferenza stampa.
Finora l’Ue aveva fatto propria la lista degli Stati ad alto rischio approntata dal Gruppo d’azione finanziaria internazionale contro il riciclaggio di denaro (GAFI), organizzazione interstatale fondata dai membri del G8 e con sede a Parigi presso l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse). Tuttavia per il parlamento europeo questo elenco non era abbastanza severo, ragione per cui aveva chiesto alla Commissione di Bruxelles di mettere a punto una lista propria.
Bruxelles ha preso in esame 132 paesi e territori e ha finito per concentrare la propria attenzione su 54, tra cui la Svizzera, che continuerà a rimanere sotto osservazione pur essendo esclusa dai 23 paesi posti in lista nera.
La Svizzera è criticata da tempo a causa delle sue azioni al portatore, non solo dall’Ue ma anche dal Forum globale sulla trasparenza e sullo scambio di informazioni in questioni fiscali (Global Forum on Transparency and Exchange of Information for Tax Purposes), organismo che verifica il rispetto dello standard in materia di assistenza amministrativa tramite valutazioni tra Paesi.
Per questa ragione non era chiaro se la Svizzera sarebbe o no finita sulla lista dell’Ue. Infatti, mentre con le azioni nominative il detentore è noto, così non è sempre con le azioni al portatore: a certe condizioni gli azionisti possono rimanere anonimi, il che favorisce l’evasione fiscale.
La nuova black list fa seguito a quella sui paradisi fiscali, pubblicata il 5 dicembre 2017, alla quale la Svizzera è sfuggita dopo le misure prese in materia di segreto bancario. Lo scorso 2 ottobre i ministri delle finanze dell’Unione Europea hanno per contro deciso di mantenerla nella “lista grigia” dei paesi “sotto osservazione” dopo aver promesso adeguamenti agli standard Ue, da cui hanno invece tolto il Liechtenstein.
La Svizzera – era stato allora indicato – continua ad essere sulla lista grigia perché non è riuscita ad eliminare cinque regimi fiscali per le aziende criticati dall’UE, malgrado Berna si sia impegnata a farlo nell’ottobre 2014, con una dichiarazione congiunta. I cinque regimi avrebbero dovuto sparire con la terza riforma della fiscalità delle imprese (RIE III), bocciata in votazione popolare nel febbraio del 2017.
La nuova lista presentata oggi riguarda i Paesi terzi – non comprende dunque Stati della stessa Ue – che non hanno norme adeguate contro il riciclaggio di denaro sporco e i flussi sospetti, e quindi favoriscono indirettamente il finanziamento ai terroristi e alla criminalità organizzata. I 23 stati presi di mira non devono temere sanzioni, ha confermato Vera Jourova.
La lista avrà comunque per loro effetti negativi, perché gli istituti finanziari dell’Ue dovranno sottostare a un maggiore dovere di diligenza nei loro confronti. Già ha suscitato critiche in particolare l’inclusione dell’Arabia saudita, paese con cui molti paesi europei fanno buoni affari.
L’elenco, spiega Bruxelles, “aiuta le banche e gli altri soggetti sottoposti alla normativa antiriciclaggio dell’Ue a individuare i flussi sospetti di denaro, perché li obbliga ad effettuare controlli rafforzati sulle operazioni finanziarie che coinvolgono clienti e istituti finanziari dei Paesi terzi ad alto rischio” che compaiono nella lista.
“Abbiamo le norme di lotta al riciclaggio più rigorose al mondo, ma dobbiamo assicurarci che il denaro sporco proveniente da altri Paesi non penetri nel nostro sistema finanziario, perché è la linfa vitale della criminalità organizzata e del terrorismo”, ha detto la commissaria Jourova.
SOURCE: La Regione